L'estremità nordorientale del rilievo dove sorge Enna, un acrocoro a 931 metri sul livello del mare (Enna è il più alto capoluogo italiano), è caratterizzata da due emergenze rocciose che dominano la città. Su tali rilievi insistono sia la Rocca di Cerere che il Castello di Lombardia separati da un'ampia insenatura che degrada verso il basso per circa sessanta metri, denominata Contrada Santa Ninfa. Su questa Rocca un tempo sorgeva il tempio dedicato alla Dea, ma oggi rimane ben poco. Cerere (per i greci Demetra) è la Dea della fertilità e veniva venerata non solo per favorire le nascite, ma anche per garantirsi un buon raccolto. I tempi venivano spesso eretti nei punti più alti delle città per accentuarne la sacralità e per essere più vicini agli Dei anche durante i sacrifici. Questo spiega la collocazione della Rocca di Cerere.
Dall'unione tra Cerere e Giove nacque Proserpina, altra Dea il cui mito è legato alla città di Enna ed in particolar modo al Lago di Pergusa. Nel I sec. a.C. Cicerone, nelle Verrine, descrisse con minuzia di particolari il grandioso Santuario di Demetra che sorgeva appunto sulla Rocca, terminale di un lungo percorso sacro scandito da sacelli rupestri, statue di divinità colossali e santuari satelliti. Queste testimonianze suscitarono il vivo interesse dei viaggiatori del Grand Tour, come D'Orville, Drunet de Fresie, Jean Houel, che fra Sette e Ottocento attestarono la presenza sulla Rocca di Cerere di un altare al centro della sommità, a cui si accedeva da una rampa intagliata nella roccia, oggi scomparsa.
Nei primi del Novecento l'area fu indagata da Paolo Orsi, che eseguì alcuni saggi di scavo nella valle e nei pressi della Rocca, rinvenendo una tomba a fossa di età ellenistica (III sec. a.C.) che insisteva su uno strato archeologico datato all'antica età del Bronzo (2300-1600 a.C.). Intorno agli anni Ottanta, indagini condotte dall’allora Soprintendenza di Agrigento, portarono alla conferma della frequentazione dell'area in epoca preistorica, facendo pensare a un nucleo di capanne risalente all'epoca della cultura di Castelluccio, ipotesi confermata dalla presenza, nel parte centrale del costone roccioso che chiude l'area verso est, di alcune tombe a grotticella. Nella parte centrale e sommitale di Contrada S. Ninfa sono presenti delle cave utilizzate nel corso del XIX e del XX secolo, mentre la recente sistemazione dell'area intorno alla Rocca ha provocato l'abbassamento del piano originario. Per cui l'antica morfologia dei luoghi risulta oggi del tutto sconvolta. Sul versante occidentale della Rocca si segnalano alcuni ambienti rupestri nei pressi dei quali si conservano i resti di due torri, parte del sistema di fortificazione di età medievale, collegate al castello. Sul versante meridionale della Rocca si trovano poi vari ipogei scavati nella roccia con i resti di una cisterna a campana di età greca (V- IV sec. a.C.) e, in un altro, di deposizioni funerarie di età tardoantica (111-V sec. d.C.). Nella parte più bassa di Contrada S. Ninfa si conservano tracce di fortificazioni probabilmente di età greca (Vl-111 sec. a.C.), sia sul versante meridionale, con un muro costituito da blocchi regolarmente squadrati di grandi dimensioni, che su quello settentrionale. dove il muro è costruito con pietre arrotondate più piccole. Sullo stesso versante si conservano anche i resti di una torre semicircolare costruita con la stessa tecnica del muro di fortificazione. La presenza di tali strutture fa quindi ipotizzare una via di accesso alla città antica di età greco-romana difesa da una cortina muraria.
Dall'unione tra Cerere e Giove nacque Proserpina, altra Dea il cui mito è legato alla città di Enna ed in particolar modo al Lago di Pergusa. Nel I sec. a.C. Cicerone, nelle Verrine, descrisse con minuzia di particolari il grandioso Santuario di Demetra che sorgeva appunto sulla Rocca, terminale di un lungo percorso sacro scandito da sacelli rupestri, statue di divinità colossali e santuari satelliti. Queste testimonianze suscitarono il vivo interesse dei viaggiatori del Grand Tour, come D'Orville, Drunet de Fresie, Jean Houel, che fra Sette e Ottocento attestarono la presenza sulla Rocca di Cerere di un altare al centro della sommità, a cui si accedeva da una rampa intagliata nella roccia, oggi scomparsa.
Nei primi del Novecento l'area fu indagata da Paolo Orsi, che eseguì alcuni saggi di scavo nella valle e nei pressi della Rocca, rinvenendo una tomba a fossa di età ellenistica (III sec. a.C.) che insisteva su uno strato archeologico datato all'antica età del Bronzo (2300-1600 a.C.). Intorno agli anni Ottanta, indagini condotte dall’allora Soprintendenza di Agrigento, portarono alla conferma della frequentazione dell'area in epoca preistorica, facendo pensare a un nucleo di capanne risalente all'epoca della cultura di Castelluccio, ipotesi confermata dalla presenza, nel parte centrale del costone roccioso che chiude l'area verso est, di alcune tombe a grotticella. Nella parte centrale e sommitale di Contrada S. Ninfa sono presenti delle cave utilizzate nel corso del XIX e del XX secolo, mentre la recente sistemazione dell'area intorno alla Rocca ha provocato l'abbassamento del piano originario. Per cui l'antica morfologia dei luoghi risulta oggi del tutto sconvolta. Sul versante occidentale della Rocca si segnalano alcuni ambienti rupestri nei pressi dei quali si conservano i resti di due torri, parte del sistema di fortificazione di età medievale, collegate al castello. Sul versante meridionale della Rocca si trovano poi vari ipogei scavati nella roccia con i resti di una cisterna a campana di età greca (V- IV sec. a.C.) e, in un altro, di deposizioni funerarie di età tardoantica (111-V sec. d.C.). Nella parte più bassa di Contrada S. Ninfa si conservano tracce di fortificazioni probabilmente di età greca (Vl-111 sec. a.C.), sia sul versante meridionale, con un muro costituito da blocchi regolarmente squadrati di grandi dimensioni, che su quello settentrionale. dove il muro è costruito con pietre arrotondate più piccole. Sullo stesso versante si conservano anche i resti di una torre semicircolare costruita con la stessa tecnica del muro di fortificazione. La presenza di tali strutture fa quindi ipotizzare una via di accesso alla città antica di età greco-romana difesa da una cortina muraria.