Origine del nome
L'odierna Agira, il cui nome classico attribuitele dagli studiosi' è Agirlo, nota ancora oggi alle persone più anziane come «San Fulippu d'Aggira» o «San Fulippu d'Argirò» o, più semplicemente, «San Fulippu», venne più o meno impropriamente detta, tra gli altri, «Agyra» da Diodoro Siculo, «Augurium» nelle tavole Antoniane, «Aggirium» da Dionisio d'Alicarnasso, «Aggirena» da Stefano il Compendiatore, «Aggirina» dal Galzo,
«Argira» dal Fazello e dal Pirri, «Agyre» dal Vivant-Denon e dal de Saint-Non.
In epoca sicula, uno dei suoi tiranni, impossessatesi del potere, volle assumere per se stesso il nome della città e si fece chiamare Agyris: evidentemente era questo il nome con cui l'avevano lasciata i Sicani. In epoca greca il suo nome ufficiale era «Argyros» o «Agyrion».
E questo nome conservò, sia pure con la variante abbreviativa araba di «San Filippo», sino alla seconda metà del XIX secolo.
Nel 1862, cessa ufficialmente di essere la «San Filippo d'Argirò»  per ridiventare semplicemente «Aggira» e, quindi, «Agira».

Denominazione degli abitanti
Conseguentemente al variare del nome della città, anche gli abitanti di Agira, hanno subito varie denominazioni, comunque sempre simili tra loro.
Infatti, gli attuali «agirini», ancora recentemente detti «aggiresi», noti in Sicilia come «sanfulippani», vennero detti «aggirenei» da Diodoro Siculo, «aggirini» da Plinio, «augurini» nelle  
Tavole Antoniane, «aggirenensi» da Cicerone, «argirini» dal Fazello e dal Pirri e «agiri» da Vivant-Denon e De Saint-Non.
 
La Storia
Descrivere il culto di un santo vuol dire sempre narrare la storia degli uomini che gli sono devoti e molto spesso quello del luogo da essi abitato. Così per narrare la storia del culto di S. Filippo d’Agira è necessario tener presente la storia del paese in sui egli è venerato con il titolo di patrono. In questo primo capitolo, pertanto, mi soffermerò, in modo piuttosto succinto, sulla storia antica e recente di Agira nella convinzione che questo breve excursus serva a comprendere meglio le caratteristiche del culto di S. Filippo. In esso si partirà dalle prime frequentazioni umani risalenti alla preistoria per seguire la vita antichissima, antica e del passato più recente per giungere alla storia contemporanea e alla realtà attuale, decisamente meno gloriosa, ma non per questo meno degna di attenzione.

Agira, eretta su un monte che permette di dominare le colline circostanti e le valli del Salso e del Dittaino, vanta una storia millenaria. La sua origine si colloca già ai tempi delle prime frequentazioni umane nella zona interna della Sicilia e la sua storia interagisce con quella dei centri più interni dell’isola. Il suo stesso nome denota un’origine chiaramente greca se, come sostengono diversi studiosi, deriva dal greco Argyrion o Agyrion che significa argento. Sul suo territorio sembra, infatti, che fossero presenti delle miniere di argento ben visibili fino al secolo XVI.

Il paese, in origine abitato dai Siculi, durante il periodo greco svolge un ruolo importante, secondo quanto scrive Diodoro Siculo, nella lotta tra Siracusa e Cartagine, fatto questo che permette agli abitanti di ottenere la cittadinanza siracusana. Nello stesso periodo la città è ricoperta di splendide opere pubbliche come alcuni templi ed il teatro, mentre è particolarmente fiorente il culto di Eracle. Nel periodo romano — scrive Cicerone nelle Verrine — il popolo agirino, illustre e fedele, vede le proprie campagne deserte ed incolte per il malgoverno di Apronio, prefetto dei decumani, e per le ruberie di Verre.
Durante l’impero romano la storia di Agira rimane strettamente legata a quella di Roma. In seguito il paese passa sotto la giurisdizione dell’Impero d’Oriente.Nel periodo bizantino sembra essersi sviluppato un importante cenobio basiliano, la cui importanza è dimostrata dalla menzione nelle agiografie di santi monaci dell’area italo-greca e da recenti studi sulla vita di S. Filippo, attribuita al monaco Eusebio. Di tale cenobio di rito greco non resta alcuna traccia, poiché molto probabilmente è stato abbandonato nel IX secolo senza alcun apparente motivo, anche se esso può essere ravvisato in una forte carestia o in un’improbabile repressione araba.

Nel 1063 si combatte nel territorio tra Agira e Nicosia un’importante battaglia tra arabi e normanni nella quale resta ucciso il nipote del conte Ruggero, di nome Sarlo, dal quale la contrada prese il nome, mentre il conte Ruggero viene ospitato per alcuni giorni nel convento di Agira. Nel 1094 il convento di Agira viene ripopolato con monaci benedettini, ampliato ed arricchito con donazioni di suppellettile, rendite e feudi, mentre viene dedicato a S. Maria Latina. Nel periodo normanno vengono edificate diverse chiese tra le quali meritano particolare menzione quelle di S. Maria Maggiore e del SS. Salvatore.
Ai normanni seguono gli svevi, dai quali nel 1215 viene edificata la chiesa di S. Margherita su quella che prima era una chiesa bizantina dedicata a S. Sofia con una cappelletta in onore di S. Sebastiano.
Carlo V nel 1537 conferisce ad Agira il titolo di città e, in seguito al versamento di quindicimila fiorini, il privilegio di «mero e misto impero», mentre il territorio è aggregato al regio demanio e non può essere venduto, né alienato, né pignorato, né concesso in baronia. Alla città viene, inoltre, concesso il diritto di possedere il gonfalone, che è rosso con un’aquila bifronte mentre al centro campeggia su fondo azzurro la figura di S. Filippo in abiti sacerdotali. Nonostante il privilegio imperiale nel 1625 Filippo IV vende Agira a dei mercanti genovesi, ma la popolazione si tassa per pagare il riscatto che le permette di riottenere gli antichi privilegi.

La ricchezza di Agira nell’età spagnola e in genere nei secoli XV- XVII è testimoniata dal fatto che la maggior parte delle chiese esistenti subiscono ampliamenti e rifacimenti, atti a conferire maggiore sfarzo. Tra gli edifici di culto eretti in questo periodo bisogna ricordare le chiese di S. Antonio di Padova e di S. Pietro apostolo. Anche la vita religiosa è assai fiorente per la presenza di vari ordini monastici sia maschili che femminili.
La prosperità economica del paese è testimoniata dalla presenza di un’importante fiera nel periodo 1-18 maggio, in occasione della festa di S. Filippo, che richiama grandi masse di forestieri dalle zone circostanti. Nel corso di questo secolo anche il culto di S. Filippo assume nuovo splendore e nel 1599, durante i lavori di ampliamento della chiesa di S. Maria Latina, vengono rinvenuti i resti del santo insieme a quelli di altri santi.
Nell’ottocento il numero della popolazione e la ricchezza del paese iniziano a declinare per vari motivi, quali la mancanza di fondi pubblici, i dazi esorbitanti sui generi di prima necessità, l’ingordigia degli appaltatori delle tasse, lo spopolamento dovuto all’emigrazione e al fatto che molti avviano i figli alla carriera ecclesiastica , la mancanza di strade.
Durante il periodo risorgimentale anche Agira risente di un certo spirito rivoluzionario per la presenza di alcuni carbonari che si riuniscono a casa del barone Zuccaro, mentre il passaggio di Garibaldi suscita, come negli altri paesi siciliani, più entusiasmo momentaneo che reali cambiamenti.

Tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento si fa sempre più larga la piaga dell’emigrazione che in questo periodo ha come meta le due Americhe, le cui terre sembrano promettere delle possibilità di vita più prospera e tranquilla. Durante la prima guerra mondiale molti sono i caduti. Nel periodo fascista viene eretto un monumento, in piazza Fortunato Fedele, ai giovani morti in battaglia in terra lontana.
Durante la seconda guerra mondiale il paese rischia di essere bombardato in seguito alla resistenza di alcuni tedeschi che non vogliono arrendersi agli americani.
Se nel passato Agira è stato un grosso centro abitato con la presenza di più di ventimila abitanti, oggi il numero degli abitanti è decisamente sceso intorno alle novemila unità. La popolazione appare dedita al terziario costituito da un commercio limitato al paese e da impieghi di tipo amministrativo. L’industria manca nel territorio agirino. L’agricoltura e l’allevamento continuano ad occupare parte della popolazione, ma per la loro lenta meccanizzazione risultano ancora poco capaci di attirare i giovani.