La storia di Nissoria è legata a due diverse zone del suo territorio: il soleggiato altipiano, tra le verdi vallate occupato dall' attuale centro abitato, e la contrada oggi denominata "Torre" che, fin dal VI secolo ospitò l'antica Nysura, colonia fondata da immigrati di stirpe orientale (bizantina) che introdussero il culto per san Gregorio, Patriarca degli Armeni, rimasto venerato protettore di Nissoria fino al 1855.

La presenza di notevoli resti di fortificazione (XIII sec.) e il ritrovamento (1953) di splendidi reperti di oreficeria bizantina (VI - VII sec.), descritti negli "Atti dell' Accademia dei Lincei", confermano l' importanza raggiunta dal sito, da identificare presumibilmente con il "Qalat Musaryah" sottomesso dagli Arali quasi certamente ne11861, successivamente assegnato al Vescovo di Troina dal Gran Conte Ruggero, per passare poi, tra il 1095-96, alla giurisdizione del Vescovo di Messina e retto dai Basiliani che, ancora ne11309, provvedevano alla riscossione delle "decime" sul Casale Nysura.

Con Federico II (1194 -1250), che probabilmente nel corso delle rivalità con la Santa Sede assegnò il governo del territorio alla nobiltà laica isolana, ebbe inizio la cronologia ufficiale dei Casati ai quali fu concesso il possesso e con esso i privilegi sui 24 feudi dell' omonima "Nobile Baronia" e sul casale Nysura, il cui nome si trasformerà lentamente in Nissoria. La cronologia inizia con Virgilio De Catania, ritenuto l'artefice degli ultimi rimaneggiamenti apportati alla fortificazione della contrada Torre; seguirono i De Sano, i De Marchisio, i Ventimiglia, per finire con i Moncada che, nell' intento di favorire la colonizzazione e il conseguente sfruttamento di vaste aree incolte, presenti nel versante orientale della Baronia, cedettero in enfiteusi ai contadini mille e trecento salme di terreno. Nell'anno 1746, ad opera di Francesco Rodrigo Moncada Ventimiglia Aragona, Principe di Paternò, ebbe inizio la fondazione dell'odierna Nissoria: "...Permettersi la fabbrica delle case proporzionate per la sua abitazione e de' suoi familiari e di tutta la gente, che dovea, e potea coltivare, ed arbitriare quel fondo. .." e la costruzione del fondaco (1749) "...per alloggiamento de' passeggeri. ..".

Successivamente il fondaco venne trasformato in frantoio; un  frantoio analogo a quello ancora oggi in funzione nel fondaco è stato donato al museo da una famiglia originaria di Nissoria ma residente a Enna.
Maggiori e più antiche testimonianze delle tradizioni agricole,  si hanno in contrada Manca di Pomo, confinante con la contrada Torre. Ciò viene confermato, come scrive anche Vincenzo Cacciato Insilla, nella sua pubblicazione "Dall'antica Nysura a!la moderna Nissoria"; dal rinvenimento di numerosi frammenti di antica ceramica e di tegole, ma soprattutto di una pesante macina ricavata da un unico blocco in pietra e di una giara di grandi dimensioni, interrata e venuta casualmente alla luce una trentina di anni fa ed oggi custodita all'interno del museo. Tali reperti rappresenterebbero ciò che rimane di un vasto caseggiato rurale attivo in epoca romana.

Tra storia e leggenda
In territorio di Nissoria sono stati scoperti importanti reperti dell'antichissima città di Imakara; in contrada Rocca di Sarro, a 7 chilometri circa dall' odierna Nissoria, è stato rinvenuto un caduceo in bronzo su cui era incisa l'iscrizione greca: "ίµaχαριον δαμοσιον" cioè sigillo degli imakaresi. Ma Imakara, secondo gli studiosi, potrebbe essere esistita non in questa contrada ma in quella di "Picinosi",dove sono stati scoperti numerosi reperti di rilievo storico.
La contrada Rocca di Sarro è invece legata ad altre epoche e ad un personaggio storico, tra questi Serlone d' Altavilla, nipote del conte Ruggero il Normanno. Serlone è famoso per la sua leggendaria vittoria con soli trenta uomini contro il grande esercito Arabo; morì in un agguato, tesogli da un suo caro amico, su una roccia arenaria nei pressi del fiume Salso. Della testa del giovane e valoroso condottiero normanno gli arabi fecero un trofeo da schernire.
Furono loro a dare il nome alla contrada "Rocca di Serlo" (Hagar Sàrlu) che col tempo si trasformò in Sarro; sul punto in cui Serlone fu ucciso, i normanni incisero una grande croce ma nel tempo purtroppo quel luogo è stato oggetto di scempi da parte di chi, nel secolo appena trascorso, della roccia arenaria ne ha tratto un vantaggio economico.
La torre di difesa muraria, da cui prende il nome l'omonima contrada, rappresenta, oggi, il simbolo del Museo.