IT EN FR

Dal mese di marzo 2004 fino a settembre, ed ancora negli anni successivi, l’èquipe del Prof. Patrizio Pensabene dell’Univ. “La Sapienza” di Roma, formata da giovani archeologi (Greco, Barresi, Sofia, Demma), mediante uno scavo finanziato dalla U.E...

L’insediamento preistorico di Monte Manganello
Il Monte Manganello fa parte di una corona di alte colline ubicate nella zona nord-occidentale rispetto al centro urbano di Piazza Armerina, rivolte verso la grande vallata del torrente Olivo e delle Contrade di Ballatella, Montagna di Marzo, Vallegrande, Critti, Rabottano.
La zona è rimboschita maggiormente con Pino d’Aleppo ed Eucaliptus. Tutta la macchia mediterranea è rappresentata sia nelle radure che nel rigoglioso sottobosco.

Durante una delle frequenti escursioni di ricognizione territoriale del Gruppo Archeologico “Ibla Erea” di Piazza Armerina, proprio nella sella che il Monte Manganello forma con il vicino Cozzo Comune sono state notate in più punti la presenza di notevole quantità di frammenti fittili antichi che hanno attirato l’attenzione del gruppo di ricognizione.
Sono stati osservati e recuperati molti reperti tra cui:
dieci frammenti di selce (scarti di lavorazione e raschiatoi) non ben rifiniti;
alcuni manici di anfora di grosse dimensioni di ceramica acroma;
un grosso e massiccio manico acromo e un altro con segni di pittura rossastra;
manici di fine ceramica dipinta rossastra ;
frammenti di olla dipinta rossa e spatolata e altri con motivi geometrici a losanga o a strisce nere su fondo rossastro (decorazioni fatte con la vernice durante la levigatura del vaso) ; alcuni frammenti di orli assottigliati;
un ciottolo duro (marino) levigato, con segni di consumo e utilizzato come percussore ;
un frammento a cuneo granitico levigato su due facce ;
una piccola ascia di basalto intera, una piccolissima e sottile ascia di basalto finemente lavorata, due asce spezzate e due frammenti dello stesso tipo;
una pietra da macina ;
la parte inferiore di “fruttiera” verniciata rossastra con iniziali segni di continuità per i manici;
alcuni frammenti di pisè d’argilla bruciata nel cui contesto si repertano segni di materiale vegetale con cui veniva impastata (fuscelli di paglia, fili d’erba, foglie, semi, etc).
Si può attualmente parlare di villaggio, dato che la zona presenta solo qualche riparo roccioso o qualche anfratto, che non giustificano una così estesa antropizzazione, oltre al fatto che le popolazioni, dall’Età neolitica in poi, non sempre amavano abitare in grotte.

Dopo aver concluso nel 1998 uno studio di superficie sul sito di Monte Manganello e Cozzo Comune il Gruppo Archeologico “Ibla Erea” di Piazza Armerina ha incominciato ad occuparsi delle colline adiacenti per cercare di fornire un contributo basale originale alla conoscenza della distribuzione delle popolazioni indigene preistoriche nel centro della Sicilia che, in effetti, è stata poco o affatto studiata. L’altura di Rametta sembrava adatta all’osservazione per una sorta di contiguità con il gruppo montuoso di Manganello rappresentando con esso uno spartiacque tra il bacino del fiume Salso e quello del fiume Gela.
Le prime osservazioni sono state effettuate nella primavera del 1999 nel pendio meridionale a ridosso di un gradone arenaceo che lo attraversa da est a ovest e che rappresenta una sorta di riparo. L’azione erosiva degli elementi sul suolo sabbioso, specialmente dove esso è privo di vegetazione, ha permesso di veder affiorare numerosi frammenti di selce, ossidiana e quarzarenite di varia qualità e colore e discrete quantità di ceramica sia acroma che dipinta. Il materiale osservato:
qualche centinaio di frammenti tra lame, punte, raschiatoi, scarti di lavorazione, un corno di terracotta di incerto uso; tre frammenti di pisè d’argilla (a ridosso del riparo roccioso);
due pezzi di fuseruola fittile (una quasi intera, ma fortemente bruciacchiata, aveva accanto frammenti ossei bruciati e denti animali; due ciottoli di calcarenite usati come percussori;
alcuni frammenti di macinelli in materiale lavico e in calcarenite (uno, intero, conserva su un lato una impregnazione di ocra);  tre manici di terracotta di cui due con tracce di colore rossastro;
vari cocci di ceramica con tracce di disegno a linee rette o a zig-zag nere su fondo rosso;
un frammento di ascetta votiva rossastra finemente lavorata (trovata lungo il ripido versante ovest);
un fondo di anfora presentante un foro di uscita praticato a crudo (a ridosso del riparo roccioso).
Il sito preistorico non pare sia esteso alla cima del monte dove invece è facile indovinare un piccolo borgo o quantomeno un grosso posto di vedetta di periodo medievale suggerito sia dal nome stesso che dalla disseminazione di significativi reperti.

A nord-ovest dell’abitato di Piazza Armerina, nei pressi dell’antico Convento di S. Maria di Gesù dei Francescani Riformati, è stato, da parecchi decenni, osservato un notevole affioramento di ceramica tardo romana e medievale riferibile...

La montagna, al centro delle contrade Naonello, Braemi, Cucchiara, Rossignolo, Scalisa, ha la forma di piramide tronca e si erge solitaria a 754 metri d'altezza. Domina a nord la vallata del fiume Brami, affluente del Salso, e la strada per Barrafranca, a sud quella del fiume Gela e la strada per Mazzarino. Dista cinque chilometri a sud-ovest del centro abitato di Piazza Armerina nel cui territorio è situata. È ben in vista, per la breve distanza, oltre che da Piazza, anche da Barrafranca e da Mazzarino.
I terreni affioranti di questa altura, fanno parte della catena dei Monti Erei meridionali che sono di origine sedimentaria e sono costituiti da depositi sabbiosi, con stratificazioni arenacee, conchiglifere e limose.
Sulla scorta di vecchie memorie, alcune scritte altre tramandate verbalmente, si sono sviluppati intorno a questa montagna una serie di interessi culturali che si perdono nell'antichità più remota e nella leggenda. Il feudo di Monte Naone faceva parte integrante del territorio di Pietraperzia per essere stato attribuito da Federico II al feudatario Abbo Barrì il Giovane. Successivamente, durante la "Guerra dei Vespri" Giovanni Barresio, signore di Pietraperzia e Monte Naone, si schierò dalla parte di Giacomo d'Aragona ed accolse le truppe aragonesi sbarcate ad Augusta. Per questa fellonia contro Federico III d'Aragona Re di Sicilia, l'anno 1299, fu dal sovrano spogliato dei beni e, persistendo temerariamente nella ribellione, il borgo fu distrutto e concesso alla universitas di Piazza.
Rimasero in piedi, non pietra su pietra, ma soltanto le leggende che ancora circolano sia a Barrafranca e Pietraperzia e sia a Piazza Armerina come quella del tesoro dei Sette regnanti.
Scarse sono le notizie archeologiche di Monte Naone. Nel 1930 vi "passeggiò" Paolo Orsi ed egli, presentando un tesoretto di bronzi greci, sicelioti e romani provenienti da Piazza Armerina, scrisse che il Monte Naone è uno degli enigmi archeologici dell'agro piazzese.
Nel 1950 vi fece un sopralluogo Vinicio Gentili il quale trovò alcune fortificazioni ad aggere oltre che frammenti fittili, bronzi e monete riferibili ad un lungo periodo che va dal VI se. a.C. al basso medioevo. Il Gentili nel 1955 riferì di una esplorazione sul monte con la scoperta di 4 tombe a camera gia saccheggiate e di una, ancora intatta, che restituì reperti databili dal VI al V sec. a.C.
Nel 1960 l'archeologo rumeno Dinu Adamesteanu fece eseguire una ricognizione aerea mediante la quale pot? descrivere due sedi di abitato ben distinte. Egli notò e descrisse che la punta occidentale si presenta quasi completamente distaccata dal grosso dell'abitato che è situato nel lato orientale. In effetti questa parte dell'abitato nel suo lato sud presenta una fortificazione ad aggere ben visibile. Nei terrazzamenti al di sotto delle mura si trovano le necropoli che si estendono a ovest e, in parte, a nord. Adamesteanu riconobbe sul lato orientale del monte una via principale sull'asse est-ovest e pensò che la collinetta occidentale (m. 720) fosse destinata all'acropoli.
Dal 1967 fino al 1970 Fausto Gnesotto, archeologo dell'Università di Trieste, fece alcuni saggi negli abitati greci e successivamente, dal 1971 al 1975, scavò nelle necropoli greche e nell'abitato medievale.
Si è avuta notizia che nell'ultimo decennio del secolo scorso siano comparse sul mercato illegale alcune monete provenienti da Monte Naone con legenda STIA e STI raffiguranti nel retro un protomo di toro con faccia umana barbuta che vanno ad aggiungersi a quelle cinque recuperate da Angelo Ligotti di Barrafranca. Dato che lo stile delle monete ha come modello quelle di Gela è verosimile che il toro raffigurato sia la personificazione del fiume Gela che scorre nella vallata adiacente. Circa il nome della città antica, le opinioni sono discordi. Nel seicento Antonio il Verso (citato da Chiarandà) riferiva che Naone, così nominato dai Greci cioè Tempio, fosse stata edificata dai Greci di Naone di Beotia. Il Chiarandà citava pure le opinioni di F. Cluverio e di T. Fazello che congetturavano trattarsi della città di Nonima.
Questa notizia e altre considerazioni di analisi e rivisitazione dei testi antichi ha riportato in auge la questione della città di Ibla Minore (una delle ter Ible di Sicilia) che lo storico Litterio Villari indicò proprio sul Monte Naone non senza argomentazioni di valida suggestione.
In questo, come in altri casi, il connubio tra storici e archeologi risulta indispensabile.

Montagna di Marzo, offre, dall'acropoli in giù, l'immagine di una grande città pre-greca e romana.Il sito, sorto come città sulle vestigia di un antico villaggio indigeno, dovette interagire con tutte le culture successive fino al medioevo, accrescendo le sue pertinenze sia attraverso le fabbriche artigiane, che attraverso un gran numero di insediamenti e necropoli.

bit_575X100.jpg
Sito Web realizzato in collaborazione
con la Provincia di Enna e presentato
alla BIT di Milano 2009.
© 2024, Turismoenna.it

Informative

Contact Info

Email: info@turismoenna.it