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Da Piazza Armerina si percorre la strada statale 117 bis in direzione di Enna sino al bivio Furma, superandolo in direzione di Valguarnera. A circa 100 metri dal suddetto bivio sulla destra si imbocca una trazzera dell’Azienda Forestale e, risalendo per circa 1 km, si sale verso la località di Rossomanno.
Sulle verdi colline che compongono il sistema orografico di Rossomanno, tra Valguarnera e Piazza Armerina, forme di vita antica sono documentate in un vario snodarsi di sequenze cronologiche e culturali, dal VII secolo a.C. ad età medioevale (XIV secolo), epoca in cui l'abitato fu raso al suolo.
Imponenti sono i ruderi esistenti, ricordati anche da Tommaso Fazello (1560) e i materiali archeologici che hanno motivato le recenti campagne di scavo, da cui sono scaturiti interessanti dati per un inquadramento preliminare della topografia dell'anonimo centro indigeno ellenizzato.
Giungendo a Rossomanno dal suddetto bivio di Furma, si incontra dapprima la necropoli di Rocca Crovacchio, che ha consentito la messa in luce di deposizioni funerarie risalenti al VII-IV secolo a.C. e assai interessanti per i riti (“campi di crani” o deposizioni ad enchitrìsmos o ad incinerazione).
Le tracce cospicue dell'abitato di età arcaica si trovano soprattutto sulla collina contigua, detta “Serra Casazze”, ma sparse sulle cinque colline sono tracce di abitazioni di età ellenistica e medioevale.
La collina che da ovest ad est segue a Serra Casazza, è interessata da un imponente sistema di fortificazione, parzialmente delineato nella complessa articolazione di avancorpi e postierle che orlano anche l'antistante Cozzo Primavera.
Nella acuminata sommità del Castellazzo, è una costruzione di età medioevale, probabilmente un torrione d'avvistamento, denominato “degli Uberti” dai signori del luogo.
Un convento di monaci benedettini, nella estrema propaggine meridionale di Rossomanno, è ormai pressoché diruto come la basilichetta medievale di Serra Casazze

Prendendo la strada provinciale n.4 che da Piazza Armerina porta a Valguarnera, si imbocca, al km.5,321, la provinciale per Enna attraversando la zona del borgo di Grottacalda.
Sotto l’ultimo viadotto che supera la vallata tra il massiccio collinare di Grottacalda e quello di Ramata, sono dei grandi campi declivi, in parte coltivati a cereali e in parte lasciati a pascolo, attraversati da un gradino morfologico di arenaria che prosegue a nord verso il tratto collinare del lago di Pergusa. Questo insieme roccioso è disseminato di grotte, anfratti e ripari che hanno potuto costituire l’habitat naturale di uomini preistorici a ridosso dell’altra grande comunità vissuta nelle immediate adiacenze del lago di Pergusa.
Nella zona di Ramata non è presente ceramica di alcun tipo (se si eccettua una piccola zona di circa 10 m. di diametro a ridosso della cosiddetta Grotta 3 dove, probabilmente per la presenza di una abitazione, si è osservata ceramica basso-medievale fino al XIX sec.).
I frammenti osservati in superficie e in prossimità di alcune grotte (la n.1 e 2 e poi della n.3) sono di tipo litico: strumenti su scheggia di selce e quarzite oltre a svariati frammenti residui di lavorazione dei ciottoli. è stata rinvenuta una notevole quantità di raschiatoi, punte e lame a dorso, grattatoi lunghi, un grosso ciottolo di quarzite con segni di percussione e una pietra da macina. Varia è la tipologia dei frammenti a cominciare dalla loro grandezza. Ad un primo esame l’industria litica di Ramata, sembra del tipo epigravettiano finale, deponendo dunque per l’attribuzione al Mesolitico.

Il Gruppo Archeologico di Piazza Armerina nel 2000 continuava la sua attività di ricerca e studio di insediamenti antichi. L’area interessata è compresa nel foglio I.G.M. 268 tra la tavoletta II SE di Valguarnera e la II SE di Piazza Armerina.

Lo studio è rimasto in fase preliminare: la scoperta si riferisce ad una caverna e una serie di anfratti nella vicinanza dei quali sono stati individuati alcuni frammenti microlitici selciferi, mentre il luogo sembra privo di ceramica preistorica. Qualche frammento fittile che venne rinvenuto appare, ad una prima valutazione, di più recente manifattura, forse tardo-medievale. Interessante è stato il ritrovamento di tre cisterne circolari scavate nell’arenaria.

Si tratta di un piccolo altipiano orientato NO-SE di 684 m. di altezza al cui versante sud-orientale scorre il torrente Furma che scende a ingrossare le acque del torrente Olivo di Montagna di Marzo. Il terreno sul pianoro è sabbioso con qualche affioramento calcarenitico.

Nell’aprile del 1994 venne segnalata dal Gruppo Archeologico piazzese in contrada Balatella la presenza di un sito archeologico su un pianoro a poco più di 2 km. a NE in linea d'aria dalla Montagna di Marzo. Il sito è reperibile al foglio 268 Quadrante II, Orientamento NO, Friddani. Da una indagine superficiale è stato possibile notare che la zona ha subìto, in epoca relativamente recente, varie "visite" di scavatori di frodo. Sono state notate tracce di materiale fittile povero accanto ai vari scavi e qualche residuo di ossa umane.

Nella parte meridionale dell' altopiano si nota una depressione profonda poco più di 1 mt. e di diametro di circa 20 x 15 mt. dove è stato possibile individuare una sezione circolare di muro di circa 5 mt. di lunghezza riferibile a un’abside. Due tombe a cassa sono visibili di cui una ancora parzialmente coperta da lastre. La zona è cosparsa di materiale fittile grossolano, di alcuni piccoli frammenti di lastra di marmo bianco e di pietre da costruzione. Tutt'intorno alla depressione si sono potuti contare una decina di grossi conci squadrati di tufo, più o meno affioranti di cui sarebbe interessante chiarirne la presenza e l’eventuale uso o riuso.

La scoperta più interessante è stata quella di un grosso frammento triangolare calcarenitico (cm. 37x45x54 circa) che presenta in una delle superfici una iscrizione incisa in alfabeto greco maiuscolo, mentre in un altro lato è malamente visibile un rilievo a forma di U capovolta di cm.25 di h. Il concio era spezzato e faceva parte di un altro grosso frammento che gli stava accanto. I due frammenti sono stati recuperati dalla Soprintendenza.  La restante parte dell’altopiano sembra adibita a necropoli tardo-romana, ma nessuna ricerca scientifica ad oggi è stata effettuata.

Alcuni anni addietro (1994), in seguito ad uno smottamento provocato da intense e prolungate piogge, vennero messi in luce i resti di una villa romana nei pressi del corso d’acqua proveniente dalla contrada Leano lungo la strada per Mirabella Imbaccari. Venne allo scoperto uno scorcio di mosaico a ventaglio in tricromia e, a livello di pavimento, durante lo scavo, fu trovata una moneta bronzea di Costantino. A ridosso del muro esterno fu messa in evidenza una intatta e importante canalizzazione plumbea dell’epoca di 7-8 cm. di diametro, che pescava acqua a monte del fiume per rifornire la villa. Un intervento di somma urgenza permise uno scavo per lo studio preliminare e poi tutto fu coperto in attesa di successiva mappatura e scavo regolare (Villari G. 1998). Esiste altresì la segnalazione di una necropoli tardo-romana e bizantina (PTOR 1966).

La contrada Sofiana si erge sul bordo meridionale del fiume Gela, lo stesso fiume che accarezza le fondamenta della Villa Romana Imperiale di Piazza armerina.
È su un rilievo collinare, che si poggia la più vasta e indagata necropoli. Sorge sul punto più alto della contrada, dalla quale si domina tutta la vallata del Gela, con uno sguardo che si spinge fino ai contrafforti di Monte Navone e di Piazza Armerina.

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